[06. Informativo
È il packaging che garantisce la miglior informazione, quella utile e necessaria.
Informativo è l’imballaggio che, nel rispetto della normativa, riporta tutte le informazioni utili alla conoscenza del contenuto e del suo imballaggio, al loro utilizzo e allo smaltimento.
Dagli Stati Uniti al Cile, il progetto delle informazioni nutrizionali per un’alimentazione più sana e scelte di consumo consapevoli
Nel mese di settembre 2022, in occasione della presentazione del nuovo piano strategico della Casa Bianca su fame, alimentazione e salute, l’amministrazione Biden-Harris ha riportato l’attenzione sull’importanza dell’accessibilità informativa dei prodotti alimentari. Tra le azioni previste dal piano, la standardizzazione delle informazioni nutrizionali sulla parte frontale delle confezioni, per aiutare le persone a fare scelte più sane e consapevoli rispetto alla propria alimentazione.
L’obiettivo del piano strategico della Casa Bianca è quello di porre fine alla fame negli Stati Uniti entro il 2030 e di promuovere alimentazione sana e attività fisica per diminuire i casi di patologie causate dalla malnutrizione. Per molte famiglie nordamericane – in particolare quelle di colore, quelle che vivono in zone rurali e quelle a basso reddito – le disuguaglianze strutturali, come le disparità nelle opportunità educative ed economiche e la mancanza di accesso all’assistenza sanitaria, a un alloggio sicuro e ai trasporti, rendono ancora più grave l’impatto della fame e delle malattie legate a una cattiva alimentazione. La pandemia di Covid-19 ha esacerbato questi problemi, rafforzando la necessità di un’azione urgente per contrastare questa emergenza.
In questo contesto, risulta determinante dunque rivedere la logica alla base del progetto dell’imballaggio al fine di dare una nuova centralità alle informazioni e migliorarne così l’accessibilità comunicativa, attraverso una revisione dei contenuti veicolati e delle modalità del loro trasferimento.
Il termine “informare” deriva dal latino e significa letteralmente “dare forma” (in-formare), “modellare secondo una data configurazione e struttura”. L’informazione è costituita, dunque, da un insieme di dati “modellati” per fornire a un destinatario elementi di conoscenza sulla realtà o su una porzione di essa, affinché possa superare un’incertezza e risolvere un’alternativa, rendere noto ciò che prima era ignoto, certo ciò che prima era incerto. Informare equivale a “mettere ordine”, sia nel senso letterale di “eliminazione del disordine”, sia nel senso più ampio di “riduzione della complessità”, di “semplificazione”.
In questa prospettiva si comprende quindi come, nel caso specifico dell’imballaggio, le informazioni veicolate assumano un ruolo cruciale per il consumatore, soprattutto se si considera la loro rilevanza quando sono finalizzate alla tutela della sicurezza o della salute, come nel caso della data di scadenza o del profilo nutrizionale di un alimento.
Anche se non è l’unico ambito dove si manifestano criticità nel trasferimento di informazioni
attraverso il packaging, il settore alimentare ha infatti mostrato nel tempo particolari difficoltà a gestire un’elevata densità di informazioni (aggiunte alle confezioni soprattutto per ottemperare agli obblighi di legge) e a garantirne un’efficace fruizione da parte dell’utente.
Progettare l’accessibilità informativa del packaging significa trasferire contenuti in modo da renderli facilmente fruibili, in relazione alle esigenze e alle necessità specifiche dell’utente. In altre parole, le informazioni devono essere rintracciabili (visibili sulla confezione), percepibili (leggibile, per esempio in una dimensione appropriata anche per un ipovedente) e comprensibili (semplici da capire e che non inducano in errore).
A tal scopo, occorre selezionare, codificare e organizzare le informazioni affinché il destinatario, grazie alla loro lettura e comprensione possa raggiungere un risultato atteso (con efficacia), agendo con il minimo spreco di risorse, in termini di tempo, sforzo cognitivo ecc. (con efficienza) e appagando completamente le proprie esigenze (con soddisfazione).
Tra i fattori che determinano le scelte progettuali in questo senso occorre dunque considerare:
il profilo del contenuto (il posizionamento e i valori della marca, le proprietà specifiche del prodotto ecc.); i destinatari di riferimento (in base a età, presenza di possibili disabilità, contesto socioculturale di riferimento ecc.); il comportamento dell’utente in relazione al ciclo di vita del prodotto (nel contesto di vendita: identificazione, scelta, acquisto ecc.; nel contesto d’uso: manipolazione, conservazione, consumo, gestione del fine vita dell’imballaggio ecc.); i vincoli legislativi e normativi a livello locale e internazionale.
Il nuovo sistema proposto dalla Casa Bianca verrebbe implementato per aiutare i consumatori, in particolare quelli con una minore “alfabetizzazione nutrizionale”, a identificare rapidamente e facilmente gli alimenti che costituiscono la base di uno stile di vita sano.
Questa disposizione rafforza quanto già stabilito all’inizio degli anni 90’ negli Stati Uniti in relazione alle informazioni nutrizionali con il Nutrition Labeling and Education Act, che già poneva come priorità, a fronte di una progressiva diffusione di problemi di salute legati all’obesità e a una cattiva alimentazione, lo sviluppo di un programma di educazione, rivolto a tutta la popolazione a cominciare dai bambini, e di intervento sui packaging di tutti gli alimenti commercializzati sul territorio USA (comprese quelle di importazione), affinché riportassero correttamente le indicazioni nutrizionali al fine di compiere scelte più consapevoli, per una dieta sana ed equilibrata.
Tra gli obiettivi del governo statunitense vi era, in primo luogo, quello semplificare informazioni altrimenti troppo complesse e trasferirle in modo chiaro e comprensibile a tutti i consumatori, compresi quelli meno acculturati. In secondo luogo, sviluppare una configurazione grafica delle informazioni che fosse uguale per tutti i prodotti, ma flessibile nell’applicazione alle diverse categorie di alimenti e ai vari formati e supporti, compresi quelli più “poveri” stampati a bassa qualità e in bianco/nero. Infine, garantire la visibilità e la leggibilità grafica delle informazioni, occupando il minor spazio possibile sulla confezione per non comportare un eccessivo ingombro rispetto alla superficie totale del packaging.
In risposta all’esigenza di veicolare informazioni nutrizionali chiare e comprensibili, il designer Burkey Belser sviluppò tra il 1993 e il 1994 il progetto di un sistema grafico in cui i contenuti comunicativi sono codificati e organizzati in tabelle standard di diverso formato, in bianco e nero, adattabili ai packaging dei diversi prodotti.
Tra gli aspetti presi in considerazione da Belser per favorire la leggibilità grafica delle tabelle, nel progetto è stata curata in particolare la scelta del carattere (Franklin Gothic per il titolo, Helvetica per gli altri nuclei informativi) e della dimensione del testo in funzione di ogni specifica configurazione. Per garantire la visibilità e la comprensibilità delle informazioni è stato delimitato lo spazio occupato utilizzando un filo nero che definisse un campo facilmente individuabile e che non consentisse uno “sconfinamento” degli altri contenuti veicolati dalla confezione. Infine, per favorire l’ordine di lettura delle informazioni, queste sono state gerarchizzate visivamente utilizzando un carattere “black” per evidenziare i contenuti più importanti, allineando le righe di testo per evidenziare le relazioni fra le parti, isolando i differenti blocchi di dati con linee di diverso spessore.
I cosiddetti “Nutrition Facts” sono poi stati rivisti nel 2016 per riflettere informazioni scientifiche aggiornate, comprese quelle sul legame tra dieta e malattie croniche, come l’obesità e le malattie cardiache.
L’introduzione della tabella nutrizionale standardizzata è stata una vera e propria rivoluzione per il settore alimentare negli USA e, certamente, l’anticipazione di tale tabella sul fronte del packaging generebbe ora un ulteriore cambiamento epocale nel mercato con un significativo impatto visivo a scaffale.
Normare da un punto di vista grafico gli elementi dell’area frontale degli imballaggi, infatti, modificherebbe fortemente l’identità dei prodotti, riducendone gli elementi di differenziazione e rendendoli meno riconoscibili e distinguibili in contesti di vendita sempre più saturi.
Per rimediare a questo fenomeno, potrebbero apparire nuove soluzioni di imballaggio, per esempio confezioni più grandi (con rischio di over-packaging) per assicurare un buon “facing” e distinguersi, oppure potrebbero essere potenziate – opzione più auspicabile – soluzioni digitali avanzate (Metaverso, AR, VR, MR, ecc.) per sfruttare gli spazi virtuali e differenziarsi così dalla concorrenza.
Oltre ad anticipare sul fronte della confezione le informazioni nutrizionali, l’amministrazione Biden-Harris sta anche valutando la possibilità di standardizzare un sistema di classificazione semplificato con simboli o codici colore, che può contribuire a garantire l’accessibilità dei contenuti per tutte le persone.
Anticipare in forma sintetica sull’area primaria della confezione alcune indicazioni sul profilo nutrizionale del prodotto, attraverso per esempio un sistema codificato del tipo “a semaforo” (dove il verde rappresenta un’opzione più sana e il rosso una meno sana) come quello in uso in UK, può forse essere una soluzione più praticabile per semplificare le scelte di acquisto e di consumo, favorendo l’accesso ai contenuti più rilevanti e delegando alle aree secondarie solo una funzione di approfondimento delle informazioni. Una restituzione grafica prevalentemente iconica, infatti, offre un’immediata e rapida comprensione complessiva delle informazioni nutrizionali dell’alimento, senza dover perdere troppo tempo a rintracciarle sulla confezione (ed evitare che non vengano lette).
Sul mercato, in realtà, alcune aziende utilizzatrici hanno adottato già da tempo questa duplice modalità di comunicazione delle informazioni. Sull’area frontale di un numero sempre maggiore di prodotti sono posizionati richiami alle proprietà specifiche degli alimenti in relazione non soltanto al profilo nutrizionale, ma anche all’eventuale presenza (o assenza) di allergeni e altre sostanze ritenute potenzialmente dannose. In alcuni casi, sono state create, a partire dalle caratteristiche peculiari degli alimenti, nuove marche e linee di prodotti, che prendono il nome proprio dall’eliminazione dai prodotti di componenti ritenuti pericolosi per alcune fasce di destinatari (lattosio, glutine, ecc.), facendo in modo che questa “assenza” non sia vissuta come un difetto, ma come un vantaggio per il consumatore (come, per esempio, la marca BFree o la linea Free from di Tesco).
A livello globale, molti governi stanno attuando politiche per ridurre il consumo eccessivo di alimenti non salutari, migliorare l’alimentazione e prevenire l’aumento dell’obesità e delle malattie associate alla malnutrizione. Tra le strategie raccomandate dall’OMS, è particolarmente importante migliorare le informazioni presenti sull’area frontale delle confezioni.
Nel 2016, in Cile è stata promulgata una legge unica nel suo genere, la cui misura principale prevedeva l’obbligo di apporre specifiche avvertenze su alimenti e bevande che superano le soglie stabilite per alcuni nutrienti o per il contenuto calorico complessivo.
La legge stabilisce, nello specifico, che i prodotti alimentari ad alto contenuto di zuccheri aggiunti, sodio o grassi saturi, o ad alto apporto calorico, debbano riportare sulla parte anteriore del packaging degli ottagoni neri con al proprio interno la dicitura “ad alto contenuto di” (in spagnolo, “alto en”), seguita dall’indicazione dell’elemento presente in eccesso, a seconda dei casi.
Altre restrizioni significative previste dalla legge per questi prodotti riguardano limitazioni nella pubblicità di alimenti e bevande considerati dannosi per la salute di bambini e adolescenti (tra cui l’eliminazione di personaggi e di altri elementi di richiamo sulle confezioni) e il divieto della loro vendita negli asili e nelle scuole.
Per soddisfare la richiesta di flessibilità nell’attuazione da parte dell’industria alimentare, la politica è stata progettata per un’attuazione graduale, in tre fasi, tra il 2016 e il 2018.
Secondo uno studio condotto in Cile dopo l’attuazione della prima fase della legge, è stata riscontrata una diminuzione significativa degli acquisti complessivi di prodotti con l’avvertenza “ad alto contenuto di”, parzialmente compensata da un aumento degli acquisti di prodotti non ad alto contenuto. Secondo le prime valutazioni, la legge sembrerebbe aver contribuito a modificare i comportamenti alimentari e le scelte di acquisto e consumo. Tuttavia, è ancora in fase di studio l’effettiva comprensione delle informazioni, per esempio il concetto di porzione o di dose giornaliera raccomandata (indicata comunemente in inglese come “Recommended Daily Allowance” o RDA), al di là dell’adozione della sola quantità di ottagoni neri sul fronte della confezione come criterio di scelta d’acquisto.
In conclusione, indipendentemente dalla soluzione adottata per comunicare le informazioni nutrizionali di un prodotto alimentare, si sottolinea ancora una volta l’importanza di progettare correttamente il packaging per educare a un consumo più consapevole. E si riafferma con forza la sua responsabilità etica nei confronti delle persone e della società, in quanto strumento di comunicazione essenziale per la promozione di comportamenti virtuosi e di stili di vita sano.