LEGGEREZZA CHE AVVOLGE

[ La parola a… Alberto Palaveri, presidente Giflex

Leggerezza che avvolge

di

Giflex

Politiche ambientali e politiche industriali

«Leggerezza che avvolge: già nel pay off del nostro nuovo simbolo identitario abbiamo cercato di riassumere la strategia associativa di Giflex, gruppo di specializzazione di Assografici che raggruppa i produttori di imballaggi flessibili destinati al confezionamento di prodotti alimentari, farmaceutici, chimici e altre applicazioni industriali.
Ne consegue che la scelta qualificante fatta anni addietro è di cercare sempre nuove occasioni di dialogo con tutti gli stakeholder istituzionali, nazionali e internazionali, mettendo al centro le conoscenze che abbiamo in tema di sostenibilità ambientale dei nostri prodotti.

Un impegno che stiamo portando avanti con grande attenzione alla “equità”, cercando cioè un allineamento tra politiche ambientali e industriali, tra salvaguardia del pianeta e dei posti di lavoro, senza privilegiare un aspetto rispetto all’altro.
D’altronde, dovrebbe essere ormai ben chiaro che il termine sostenibilità si articola in sostenibilità ambientale, economica e sociale, cosa che va tenuta sempre presente quando si mettono a terra nuovi progetti o si mette mano a un nuovo regolamento.

Condividere protocolli e valori

Troppo spesso si affrontano temi complessi cercando soluzioni semplici.
Punto di partenza è misurare in modo scientifico le differenti tipologie di packaging e allo scopo abbiamo creato un gruppo di lavoro ad hoc in Giflex per arrivare a definire un protocollo su come effettuare la LCA degli imballaggi flessibili in ottica di economia circolare.
Una metodica scientifica che aiuti a fare chiarezza e validata da un ente terzo, per questo stiamo lavorando con Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). Perché noi siamo dei trasformatori e non abbiamo posizioni preconcette nei confronti di alcun materiale, dal cellofane al polipropilene, dalla carta alle plastiche biodegradabili.

In altre parole, siamo dei “designer” dell’imballaggio, in grado di progettare non solo il prodotto, ma anche come sarà percepito e quale sarà il suo fine vita.
Altro tema di fondo che, come Giflex, abbiamo a cuore è quello inter-associativo.
Spesso e volentieri le organizzazioni datoriali si focalizzano sugli interessi a breve del proprio settore, ma se si ragiona in termini di economia circolare è necessario saper andare al di là dei propri confini, ovvero parlare con chi, nella filiera, viene prima e dopo.
Pensare di difendere il proprio “orticello” senza guardare all’intera catena del valore è una scelta perdente. Tutti noi stiamo costruendo una visione del packaging del futuro e su questo dobbiamo mettere dei valori base condivisi.

Un’identità per il flessibile

Proprio per aprirci in modo costruttivo al confronto, abbiamo aperto una riflessione su chi siamo, su cosa facciamo, su quali sono i valori propri del nostro prodotto.
Su questo abbiamo investito, commissionando all’Università di Bologna una ricerca su come viene percepito l’imballaggio flessibile, che ha scandagliato database, siti web, e ha intervistato opinion leader.
In parallelo abbiamo cercato di fare un discorso identitario, cioè di spiegare a noi stessi e al mondo intorno a noi, cos’è imballaggio flessibile, quali sono i suoi valori, sintetizzando i risultati in un nuovo simbolo.
È solo l’inizio di un percorso, perché l’identità prima la definisci e poi la devi condividere.
D’altronde, è vero che il passaggio da rigido a flessibile, da imballaggio pesante a leggero è un trend a noi favorevole, ma adesso dobbiamo fare in modo di migliorare la riciclabilità dei nostri prodotti, in una logica di economia circolare.
Ce lo chiedono i consumatori.

Food e food waste

Noi produttori di imballaggi flessibili forniamo – e certamente non a caso – un servizio in linea con nostro modo di vivere e di consumare.
Dobbiamo quindi concentraci sulle cose che possiamo fare, come valorizzare le funzioni proprie dell’imballaggio, in primis quella di garantire la conservazione dei prodotti, contrastando così, in campo alimentare, lo spreco di cibo.
Questo aspetto si lega a quello della shelf life dei prodotti food, sul quale però decidono fondamentalmente gli end-user.
Il packaging è di certo lo strumento che consente di prolungare la vita a scaffale, magari evitando di dover utilizzare conservanti o trattamenti termici, ma una riflessione in materia – che manca ancora e che non figura tra le priorità – sarebbe importante, in funzione dell’impatto che le diverse tipologie di imballaggio hanno in termini di sostenibilità.

D’altro canto, si parla di imballaggi ma molto meno dei prodotti, e questo nonostante i dati di cui tutti disponiamo: il 20% della CO2 emessa a livello mondiale deriva dalla produzione di cibo e, di questa quota, solo il 2-3% è imputabile al packaging.
Ciononostante dobbiamo fare la nostra parte, anche perché ormai la tecnologia ci consente di realizzare imballaggi riciclabili con elevate prestazioni, come richiede il mercato.
Oggi la diffusione di packaging più sostenibili è ancora condizionata dall’evoluzione degli impianti di confezionamento, ed è proprio per questo che collaboriamo con UCIMA per accelerare il cambiamento.

Ambiente e persone

Come associazione, siamo convinti che l’attenzione all’ambiente debba andare di pari passo con l’attenzione al sociale.
Si può dire, infatti, che più ascolti il mercato e più ascolti i bisogni e le esigenze delle persone.
È necessario, allora, ragionare sul tema della diversità e dell’inclusione, dei giovani, ma anche del passaggio generazionale nelle imprese familiari.
Le aziende devono essere sempre più attrattive, anche perché in questo momento è più facile perdere un dipendente che assumerne uno nuovo.

Tra gli imprenditori del settore si sta facendo strada un sentimento sempre più forte di responsabilità nei confronti di tutti i portatori di interesse, consapevoli che è necessario ricercare una reale coerenza tra qualità dei prodotti e qualità della azienda. Il che comprende anche l’organizzazione: per esempio, realtà capaci di gestire il lavoro da remoto, infatti, hanno già saputo affrontare il cambiamento, imparando a pianificare in modo più razionale lo svolgimento delle mansioni, tenendo conto delle esigenze dei collaboratori.
Una situazione in continua evoluzione che, come Giflex, monitoriamo attentamente e che darà luogo a un progetto di formazione ad hoc dei manager delle nostre aziende».