L’imballaggio è sintesi di prestazioni, funzioni e responsabilità di tutti e per tutti: farne un bene ‘responsabile’, significa dar voce a imprese e cittadini.
Luca De Nardo
10 maggio 2021
Se osserviamo la sua storia dai tempi di Nicolas Appert, l’inventore del cibo in scatola per l’esercito napoleonico, vediamo che l’imballaggio è stato dapprima necessità, poi mezzo di comunicazione e marketing, alla fine del XX secolo strumento logistico indispensabile per la globalizzazione ed oggi problema ambientale, al punto che la responsabilità condivisa nella gestione del suo fine vita è spesso al centro del dibattitto per ogni nuova norma che viene emanata, a livello europeo o nazionale.
La Carta Etica del Packaging, strumento-guida della Fondazione presieduta da Anna Paola Cavanna, indica come Valore n. 1 associabile al packaging l’essere Responsabile, una prerogativa che riassume tutti i 9 Valori esaminati nei precedenti incontri con la Fondazione e che non si limita all’aspetto ambientale. “È prodotto e usato da molti, ma non è facile né semplice distinguere ed attribuire le responsabilità di chi lo progetta, di chi realizza i materiali, di chi lo produce, di chi lo riempie, di chi lo vende pieno, di chi lo utilizza e di chi lo ricicla – avverte la Presidente Cavanna – L’etica è prerogativa di persone e aziende, ma non è improprio attribuirla ad un oggetto se è la sommatoria di interventi di più soggetti. E poi, non stiamo forse vivendo la IV rivoluzione industriale, quella di ‘Internet delle Cose’, degli oggetti parlanti, che hanno sempre più un ruolo attivo?”
Il packaging è, tra i manufatti dell’era contemporanea, uno dei più complessi per la trasversalità degli attori, per la pluralità delle funzioni, per la molteplicità dei ruoli.
Quindi, pensarlo attivo ci permette di attribuirgli responsabilità economiche, ambientali e sociali. “Se siamo disponibili ad attribuirgli queste responsabilità, ognuno per la sua parte – precisa Anna Paola Cavanna – sarà più semplice far sì che svolga responsabilmente in modo simultaneo e corretto, e aggiungerei anche quasi automatico, le singole funzioni per le quali è stato pensato e progettato.”
“Il viaggio che ho voluto fare attraverso i Valori della Carta intende motivare gli imprenditori ad essere Ambasciatori aderendo al progetto della Fondazione – conclude la Presidente – Essere Ambasciatori significa fare cultura, creare ‘valore’ intorno all’imballaggio, modificare la sua percezione da problema a risorsa, da costo a soluzione, da prodotto a servizio. Senza prendere posizioni dogmatiche e definitive ma riconoscendo ciò che si nasconde realmente dietro un problema, un’emergenza, un allarme; e favorire, senza tuttavia dare, la soluzione attraverso la conoscenza e il confronto.”
Come farlo? Basta chiedere come diventare ambasciatore. Quanto costa? Meno di quanto immaginiate e comunque molto meno di quanto costi non esserlo…
https://www.compacknews.news/it/news/2021/perche-progettarlo-come-bene-collettivo/