[10. Sostenibile
È il packaging rispettoso dell’ambiente. L’imballaggio è sostenibile se progettato in modo olistico, pienamente equilibrato con il prodotto e con i suoi modi d’uso, così da ottimizzare le prestazioni ambientali complessive.
Marie Bee Bloom: una mascherina che può aiutare le persone, e il pianeta, a respirare liberamente
Monouso o riutilizzabile, monocromatica o coloratissima, oggetto tecnico o accessorio di moda, la mascherina facciale è ormai parte integrante della nostra vita in comunità, ci accompagnano ogni volta che usciamo da casa o ci riuniamo con amici e conoscenti. Da quando ha iniziato a diffondersi a livello globale il COVID-19, la mascherina è senza dubbio diventata uno degli accessori imprescindibili per far fronte alla pandemia.
La maschera chirurgica nasce alla fine del XIX secolo come dispositivo di protezione per il controllo della sepsi chirurgica. Utilizzata dai professionisti del settore sanitario durante le procedure mediche, previene la trasmissione per via aerea delle infezioni bloccando la propagazione di agenti patogeni (principalmente batteri e virus) rilasciati come droplets o goccioline respiratorie dalla bocca e dal naso.
Amate e odiate allo stesso tempo, le mascherine proteggono dunque la nostra salute, ma spesso provocano non pochi disagi. Ogni tanto ci soffocano, spesso irritano la nostra pelle, e quando le indossiamo non vediamo l’ora di toglierle e sbarazzarcene. Ma dove finiscono una volta tolte ed eliminate?
Dal momento in cui è stato introdotto l’obbligo di indossarle per l’emergenza sanitaria, ci troviamo di fronte alla necessità di gestire una nuova fonte di inquinamento, rappresentata dai dispositivi di protezione individuale (DPI).
Marianne de Groot-Pons, una designer dei Paesi Bassi, per contrastare l’invasione di mascherine chirurgiche monouso, disseminate agli angoli delle strade o sulle spiagge, ha creato Marie Bee Bloom, un tipo di mascherina monouso, che può essere piantata e fatta “fiorire” dopo il suo utilizzo.
Le mascherine Marie Bee Bloom sono realizzate in carta di riso e contengono un mix di semi di fiori di prato. Secondo la progettista olandese, essendo interamente biodegradabili, dopo essere state impiegate possono essere interrate, dando la possibilità ai semi in esse racchiusi di germogliare e fiorire.
Marianne de Groot-Pons riconosce che le sue mascherine non sono state ancora state testate e certificate rispetto alla trasmissione virale, ma dichiara che sono in grado di proteggere come le versioni di tessuto fatte in casa. Inoltre, assicura che sono fabbricate in modo responsabile e con un ridotto impatto ambientale, oltre a essere integralmente decomponibili se interrate.
I cordoni sono filati a mano da pura lana vergine, e possono essere stretti o allentati intorno all’orecchio con un regolatore ricavato dal cartone delle confezioni delle uova recuperate. Per collegare i cordoni alle mascherine viene utilizzata una colla a base di fecola di patate e acqua.
Le mascherine Marie Bee Bloom sono disponibili su https://mariebeebloom.com/, per ora vengono spedite solo nei Paesi Bassi, Belgio e Germania, ma la designer olandese spera di estendere la spedizione a tutto il mondo.
Dal punto di vista tecnologico, Marie Bee Bloom occupa un materiale chiamato seed-paper, un tipo di carta che include semi al proprio interno. I semi mantengono la capacità di germinare dopo il processo di fabbricazione del supporto cellulosico e sono in grado di germogliare quando tale supporto viene piantato nel terreno. La carta può inoltre presentare colori e texturizzazioni diverse a seconda della varietà di semi utilizzati.
Il seed-paper è un materiale che negli ultimi anni è stato ampiamente utilizzato in oggetti quotidiani – tra cui, quaderni e altri articoli in “carta piantabile” – e, seppur con certe limitazioni tecniche e a bassa scala, anche in packaging cellulosici per creare confezioni con un forte valore simbolico ed evocativo. Un esempio interessante in questo senso è il concept proposto da Bianca Pasternack per la confezione del cioccolato Botanica.
Nella categoria degli oggetti quotidiani piantabili, seppur non realizzato in seed-paper ma comunque caratterizzato dall’inclusione di semi al proprio interno, vale inoltre la pena citare le sprout pencils (matite piantabili) di Sprout World.
Con i suoi semi di fiori di campo, la mascherina Marie Bee Bloom – letteralmente “il fiore dell’ape Marie” – è una potente metafora dell’opportunità di far “rifiorire” il nostro pianeta, di “dare un respiro” diverso alla natura e di salvare non solo la salute delle persone, ma anche e soprattutto di ogni essere vivente sulla terra.
Dal punto di vista concettuale, il progetto fa riferimento alle cosiddette “bombe di semi” (seed-bombs) e al guerrilla gardening, una forma di attivismo verde nato negli anni ’70, che si concretizza in una attività di giardinaggio praticata su siti abbandonati, aree non curate, o anche proprietà private percepite come trascurate dai suoi proprietari.
Una seed-bomb – chiamata anche seed-ball (“palla di semi”) – è una piccola “bomba” costituita da una combinazione di compost, argilla e semi, solitamente di fiori: il compost e l’argilla fungono da supporto per i semi in modo che possano essere lanciati oltre i muri o le recinzioni e in aree inaccessibili come terreni incolti o ferrovie.
Il “bombardamento di semi” (seed bombing) oltre a essere una tecnica di guerrilla gardening, viene anche impiegato per praticare la riforestazione attiva. In Kenya, per esempio, sono state utilizzate sperimentalmente le “bombe di semi” per migliorare la resa della semina durante la riforestazione aerea del 2016.
Anche se si tratta evidentemente di una soluzione artigianale con produzione a bassa scala, di cui senza dubbio andrebbero verificate le proprietà barriera e certificata l’effettiva protezione dalla trasmissione del coronavirus, la mascherina Marie Bee Bloom è un esempio di come in modo creativo e responsabile si possa contribuire a risolvere le crisi contemporanee.
Da un lato, questo progetto mette in evidenza la necessità di ripensare un dispositivo di protezione individuale nato con altre finalità (prevenire principalmente la sepsi chirurgica) e destinato a un impiego in un contesto specifico (ambito medico), e ora trasformato in un accessorio comune di uso quotidiano. Dall’altro lato, rappresenta l’opportunità che il design ha non solo di risolvere una crisi sanitaria, ma anche le conseguenze di una nuova forma di inquinamento.
Infine, conferma ancora una volta che il problema dei rifiuti e più in generale delle crisi ambientali che stiamo affrontando a livello globale, non è solo responsabilità degli imballaggi, specialmente quelli in plastica, accusati di essere una delle principali cause dell’inquinamento dei mari o del riscaldamento globale.
Certamente un packaging mal progettato e mal utilizzato è “un” problema, ma non “il” problema. Le crisi sono state e sono ancora una responsabilità umana. Si tratta quindi di mettere in discussione i nostri comportamenti e abitudini di vita, e rivedere le scelte che facciamo quotidianamente come individui e collettività, in funzione della sopravvivenza del pianeta e della future generazioni.